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NELLA STORIA LE DONNE HANNO COSTRUITO IL LORO PASSATO E INVENTATO IL LORO FUTURO



Definire la donna e il suo percorso storico nei diversi contesti sociali è una cosa non semplice.  Il motivo principale è la millenaria subordinazione di lei all’uomo e non solo nella sfera familiare, ma anche nelle competenze sociali, politiche ed economiche. La riflessione sull’argomento affonda le sue radici nella constatazione di una disuguaglianza tra i sessi, di una discriminazione basata sulla diversità biologica che vede il sesso femminile in una condizione di inferiorità rispetto a quello maschile.

Ella nel pensiero dell’uomo è sempre legata alla sua capacità di procreare. La Storia ci narra qualche eccezione, ad esempio nell’antica Roma, dove il compito femminile era tutt’altro che negativo: la matrona romana godeva di grande rispettabilità e in essa era riconosciuta una delle più alte espressioni di virtù. Nella Genesi, Eva induce Adamo in tentazione e diventa responsabile della loro cacciata dal Paradiso. Lo stesso Rousseau affermava che solo il maschio poteva essere considerato capofamiglia e cittadino, infatti a lei era negato il diritto di voto.

E’ in questi anni che la voce femminile comincia a sollevare il problema delle “pari opportunità”, ma è solo nel Novecento,e più precisamente negli ultimi vent’anni, che  prende coscienza della sua identità e diventa soggetto della storia alla pari con l’uomo. Il movimento delle donne realizza una rapida ascesa nel ventesimo secolo aggregandosi in associazioni, ispirandosi al Movimento Americano delle Suffragette. e riscontra un successo notevole presso le classi dirigenti; ciò è dovuto principalmente a una maggiore sensibilizzazione.

La condizione della donna nell’Europa nazi-fascista non era delle più felici; infatti, in questo periodo, i salari vennero ridotti alla metà di quelli maschili. In Italia la situazione era anche peggiore: nel 1927 vennero escluse dall’insegnamento della storia e della filosofia; nel 1938 un decreto legge stabilì che negli impieghi pubblici e privati solo il 10% dei posti di lavoro poteva essere riservato alle donne la cui funzione era quella di accudire la casa e di generare figli da offrire alla patria.

Le nostre organizzazioni si occuparono di molti aspetti della sua condizione, come la sua posizione sul lavoro, nella famiglia, nell’istruzione. Si inizia a parlare finalmente di Quote Rosa. In tre importanti manifestazioni, organizzate dal Congresso Nazionale delle Donne, nel 1908, 1914 e 1923 si accentra l’attenzione sulla Donna e ci si allinea al resto di Europa, dove a Copenaghen la Conferenza Internazionale dei Movimenti Femminili stabilisce che l’8 Marzo è la giornata mondiale della Donna. Sotto il loro,dall’unità d’Italia fino all’avvento del fascismo, vennero presentate in Parlamento numerose proposte di legge sul voto alle donne, ma non ebbero successo. Dopo la caduta del fascismo, che aveva arrestato anche il suo movimento di emancipazione ,il problema si ripropose con la proclamazione della Repubblica.

Un grande risultato si ottenne nel 1945. Il 1 febbraio, su proposta di Togliatti e De Gasperi venne infine concesso il voto alle donne. Sul fronte dell’istruzione, venne permesso soltanto nel 1874 il suo accesso ai licei e alle università, anche se in realtà continuarono ad essere respinte le iscrizioni femminili. Ventisei anni dopo, nel 1900, ne risultano comunque iscritte all’università in Italia 250, 287 ai licei, 267 alle scuole di magistero superiore, 1178 ai ginnasi e quasi 10.000 alle scuole professionali e commerciali. Tutte queste conquiste affermano in modo sempre più profondo il principio della collaborazione spirituale dei sessi, ritenuto ormai essenziale all’incremento della civiltà moderna.

Nel nostro paese, quindi, la lotta per la sua ‘emancipazione si accese in ritardo rispetto al resto dell’Europa, anche perché la rivoluzione industriale vi giunse solo nel corso del secolo scorso; ma quando anche l’industria italiana dovette contare su un’alta percentuale di manodopera femminile la “questione donna” cominciò a interessare un pò a tutti. Ai primi nuclei organizzati aderirono in un primo tempo le signore della borghesia alle quali si affiancarono successivamente le masse cattoliche e socialiste. Tra queste ultime, sostenute dal partito socialista, si distinsero in modo particolare Giuditta Brambilla, Carlotta Clerici e Anna Kuliscioff. Un notevole contributo alla divulgazione della condizione femminile, da secoli relegata in uno stato di assoluta inferiorità, giunse dal romanzo autobiografico “Una donna” di Sibilla Aleramo.



Non dimentichiamo anche che ebbero un compito molto importante nel Risorgimento Italiano. Ricordiamo Cristina Trivulzio di Belgioioso, Anita Garibaldi, Giuditta Bellerio e tante anonime partigiane che diedero un prezioso contributo. Eccelsero nella Medicina, il Premio Nobel Rita Levi Montalcini, nelle metodologie dell’insegnamento la Montessori, in politica una per tutte Nilde Iotti. L’emancipazione quindi non era stata sufficiente: i diritti conquistati con fatica o concessi dal maschio non le hanno liberate né le hanno affrancate dai ruoli tradizionalmente loro attribuiti. E’ da questa constatazione che riparte il movimento femminista negli anni Sessanta.

L’obiettivo da perseguire non è più l’emancipazione, ma il sovvertimento delle regole dettate da una società patriarcale fondata sul dominio di un sesso sull’altro. Negli anni ’70 e ’80, si sono succeduti interventi di legge per quanto riguarda la questione femminile: nel Regno Unito, in questi anni, si è resa obbligatoria la retribuzione lavorativa delle madri in maternità; si sono garantiti i diritti  nei confronti di mariti violenti; si è tutelata la privacy della donna. in occasione di processi per stupro; in Italia si è approvata nel 1978 la legge sull’aborto, legge che consente, in alcuni casi, l’interruzione della maternità. Il Femminismo avanzava a livello europeo e si disegnavano scenari politici e sociali in cui la presenza femminile veniva presa in considerazione dopo tanto oscurantismo. Carla Lonzi, scrittrice di testi sulla Rivolta Femminile, sosteneva che il problema delle donne era stato impostato male in quanto esse dovevano diventare soggetto autonomo, operando una vera rivoluzione simbolica: “La donna non va definita in rapporto all’uomo. L’uomo non è il modello a cui adeguare il processo della scoperta di sé da parte della donna.

” Lo scoglio che Ella non può superare e da cui non può prescindere, è quello della differenza sessuale: “la differenza è un principio esistenziale che riguarda i modi dell’essere umano quella tra uomo e donna è la differenza di base dell’umanità”. Ha conquistato posti d’importanza in tutti quei campi che precedentemente erano riservati esclusivamente agli uomini. E’ stata una lotta per la parità dei diritti umani, diritti che, purtroppo però, in alcuni paesi non sono ancora tenuti in considerazione (vedi le donne afgane).

Tuttavia la donna di oggi è una donna di successo, una persona in carriera che qualche volta trascura la casa e la famiglia in nome della sua realizzazione personale. Questo ci appare un po’ come una contraddizione con quello che doveva essere il suo obiettivo principale e cioè quello di affermare la propria identità senza però rinnegare il suo ruolo. Non possiamo trascurare che il suo momento attuale è per la donna quasi una involuzione, perché è oggetto di violenza efferata.




L’Italia è ai primi posti e il Parlamento Europeo ha accertato che almeno il 20% delle donne ha subito violenze nell’ambito familiare, ambiente che dovrebbe essere rassicurante e protettivo. Il femminicidio va combattuto e fermato se non vogliamo rivederla piombare nell’oscurantismo, combattuto per secoli.  La Donna è, a mio parere, UNA GRANDE RISORSA NON ANCORA PIENAMENTE UTILIZZATA. Il suo errore più grande è quello di voler a tutti i costi assomigliare all’uomo, di volerlo sostituire, di voler sovvertire le caratteristiche. Noi vorremmo che si accettasse finalmente il concetto di biodiversità fra gli esseri: l’uomo e la donna sono diversi per natura e la loro diversità è stata stabilita da un’entità superiore, la quale ha assegnato alcuni compiti a uno e altri all’altra. Durante i secoli l’uomo ha cercato di sopprimere la voce femminile calpestandone la dignità e ora è lei che lotta per sopravanzare l’uomo; nessuno dei due esseri ha capito che, per lo sviluppo e il benessere della società, c’è bisogno di collaborazione; occorre che, una volta per tutte, uomini e donne decidano di camminare gli uni accanto alle altre.

Caterina Guttadauro LaBrasca

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