Antonella Biscardi, scrittrice e produttrice, presenta il suo nuovo libro, “Un metro di solitudine” | INTERVISTA
«Privati della libertà ci accorgiamo quanto vale, privati dei baci o degli abbracci, ne capiamo il calore, privati del lavoro capiamo quanto ci assorbe e questo mi fa arrabbiare, perché sono i nostri valori di base e dovremmo comprenderli a prescindere»
Ciao Antonella, benvenuta e grazie per aver accettato il nostro invito. Come stai e come hai passato questi giorni di Covid-19?
Ciao Andrea, sto bene e non sono ingrassata come le statistiche danno per acquisito dopo questo isolamento forzato. Ho passato questo periodo chiusa in casa come tutti, una boccata d’aria quotidiana ed ho scritto Un metro di solitudine. Ogni giorno d’isolamento generava pensieri, sensazioni, stati d’animo comuni a molte persone così ho scritto fino a fare dei miei appunti un libro.
Ecco, questo tuo nuovo libro, “Un metro di solitudine”, lo hai pubblicato con l’editore siciliano Morrone. Ci racconti di quest’opera? Come nasce, cosa contiene e quale il messaggio che vuoi che arrivi al lettore?
Nato in “cattività”, si dice così quando si è obbligati in un posto, è stato il mio spazio mentale, la mia apertura verso quello che era fuori, lontano, proibito. Una grande autoanalisi ed analisi della trasformazione umana derivata dall’isolamento. Una pandemia è un evento che travolge e stravolge e gli effetti si vedono forse più ora che conviviamo con il virus che nei due mesi di costrizione. Ho condiviso le mie sensazioni di ciò che accadeva dentro e fuori di me. Dal primo grido “andràtuttobene” a “iorestoacasa” ai “flash mob” alla trasformazione del lavoro a casa, alla solitudine, “all’arrangiamoci” a fare qualunque cosa, dalla pizza al giardinaggio, dallo yoga al cardiofitness. Non mi sono persa quasi nulla. Ho succhiato fino all’ultima goccia.
A chi è destinato? Chi è il lettore che hai in mente?
Tutti indistintamente, perché tutti chi in un modo o nell’altro siamo stati intrappolati in qualcosa di incomprensibile e inimmaginabile.
Nell’introduzione del tuo libri scrivi: «Non c’è cosa peggiore che vivere nella costrizione, in quella forzata e consapevole mancanza di libertà. All’improvviso ci siamo trovati rinchiusi in un metro quadrato. Qualcosa di devastante è calato sul nostro mondo, siamo passivi, senza possibilità di reagire se non rimanendo isolati gli uni dagli altri. Abbiamo vissuto finora senza comprendere cosa avevamo fra le mani, la bellezza della vita, lo scandire del tempo che è lento e dolce per chi sa assaporarlo, ma implacabile per chi lo divora. Ora, costretti nell’isolamento, guardiamo com’era la nostra vita, la analizziamo e la rimodelliamo con uno sguardo al futuro. La voce di un bambino, che spesso abbiamo appena percepito, ora sembra preziosa e ora, nell’emergenza e nell’isolamento, comprendiamo un abbraccio, un bacio, una stretta di mano. Solo noi la costruiamo la nostra vita, solo noi sappiamo come vogliamo essere e come vogliamo vivere, solo noi costruiamo i nostri valori e il mondo che ci circonda. Questo è un viaggio nella solitudine e nell’analisi che “un metro di distanza” ci porta a fare. Questo è il “Pezzi di noi” più grande. È il “Pezzi di noi” della vita che vacilla, che è sospesa, che è incerta. Della vita cambiata in un attimo. È un momento cruciale in cui inaspettatamente tutte le nostre sicurezze vanno in “stop”. E solo noi possiamo premete in tasto “start”. Solo nelle nostre mani c’è il futuro.» Cosa vuoi aggiungere a queste parole che già lasciano intendere molto di quello che racconti nel libro?
Visto che siamo usciti dall’emergenza, ma conviviamo con il virus e solo nelle nostre mani c’è il futuro, aggiungerei di apprezzare la vita sociale facendo molta attenzione ai comportamenti, perché solo così debelleremo questo mostriciattolo infido e perfido. Ora noi siamo i protagonisti del futuro prossimo.
Alla luce della tua esperienza di “reclusione forzata”, così come l’abbiamo vissuta tutti, come pensi che ne usciremo? Migliori o peggiori rispetto alle relazioni con gli altri e alla vita sociale che evidentemente non sarà più come prima del Covid-19?
Non siamo tutti uguali, per fortuna direi, allora c’è chi ne uscirà migliore, chi peggiore. Dipende dalla propria indole. Mi sono capitate cose che mai avrei pensato e già ho visto dare il peggio e il meglio. Dimentichiamo presto, i ragazzi girano per strada in gruppo, tutti “acchittati” e con le mascherine al polso o al collo. Ho visto lo “struscio” a via del corso a Roma, il pienone al mare. Senza parlare dei sentimenti, schiacciati dal mondo virtuale.
Nel tuo libro, ad un certo punto scrivi: «Ecco questo è un viaggio della disperazione collettiva, ma un viaggio, e come ne usciremo dipende solo da noi. Spesso mi sono trovata in posti bui ed angusti dove scrutavo la mia anima e da dove sono uscita consapevole di come sono. Questo metro quadro è un posto stretto, obbligato, dentro al quale cerco di accomodarmi e fare il mio viaggio.» Quali sono i segni visibili di quella che chiami “disperazione collettiva” in questo viaggio mentale rinchiusi nei nostri appartamenti? E che viaggio è stato per molti di noi? Cosa abbiamo visto che non conoscevamo e quale l’“arricchimento” che secondo te ci ritroveremo a possedere quando tutto sarà finito?
L’arricchimento? Serviva una pandemia per arricchirci? Me la sono fatta questa domanda nel libro, perché privati della libertà ci accorgiamo quanto vale, privati dei baci o degli abbracci, ne capiamo il calore, privati del lavoro capiamo quanto ci assorbe e questo mi fa arrabbiare, perché sono i nostri valori di base e dovremmo comprenderli a prescindere.
Una domanda difficile Antonella: perché i nostri lettori dovrebbero comprare il tuo libro? Prova a incuriosirli perché vadano in libreria o nei portali online per comprarlo.
Il libro è passione, analisi, ragionamento e visione del futuro. Positività e amore. Se piace questo da percepire, fare proprio, giudicare allora possono trovare interessante il libro.
C’è qualcuno che vuoi ringraziare che ti ha aiutato a realizzare quest’opera? Se sì, chi sono queste persone e perché le ringrazi pubblicamente?
Sola a casa, sola a pensare, sola a ragionare. Ho tre persone da ringraziare che mi hanno seguito in questa prigionia. Il mio editore Carlo Morrone, che collegato con Skype, mi ha sempre incoraggiata e supportata. Insieme abbiamo fatto i correttori di bozze e creata la versione e-book, da qualche giorno in tutti gli store on line. La mia amica Cecilia con la quale spesso ragionavo sulla situazione che stavamo vivendo, isolate e lontane, che non mi ha fatto mai sentire sola, e mia figlia Alessandra, mia continua ispirazione e amore della mia vita che dalla sua quarantena nel lontano Brasile ha riempito la mia solitudine, letto le bozze del libro, il libro e poi l’e-book, arrivato fino laggiù.
Come vuoi concludere questa chiacchierata e cosa vuoi dire ai nostri lettori?
Se vi va leggete il libro e scrivetemi i vostri commenti sui miei social o per mail. Giuro risponderò a tutti!
di Andrea Giostra
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