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Davide Faraone, “Sottosopra. Come rimettere la Sicilia sulle sue gambe”, Donzelli Ed., Roma, 2016

Argomenti: Andrea Giostra, Davide Faraone, Libro, Recensione, Scrivonline.it

Premessa:

Davide Faraone si cimenta nella sua prima Opera letteraria che dopo averla letto, mi sento di definire un “Saggio”, nell’accezione di David Shields (1956), famosissimo e pluri-premiato scrittore e professore universitario statunitense di letteratura, che insegna ed ha insegnato in diverse prestigiose Università, l’ultima delle quali in ordine di tempo, dove insegna tutt’ora, la University of Washington.



Shields ritiene che uno scrittore vero si vede quando scrive un Saggio e non certamente quando scrive un Romanzo dove la “struttura” è già preventivamente costruita ad arte, con la sua trama, con i suoi personaggi, con le sue ambientazioni già scelte a priori, con la morale da trasmettere al lettore, con le emozioni ed il pathos che si vogliono suscitare in chi legge! Insomma, sembrerebbe, secondo Shields, che oggi il Romanzo, il Racconto, la Novella, che prevalentemente hanno una matrice ed una natura “finzionale”, di una realtà cioè inventata e immaginata dallo scrittore, seppur qualche volta frutto di elementi narrativi reali ma rivisitati soggettivamente e ad hoc da chi scrive, siano secondi, per importanza intellettuale ed intellettiva, al Saggio.

In poche parole, il Romanzo è più un’operazione di intelligenza-esperienziale e di artigianato-intellettuale bariccoso, più che un’opera creativa da vero Artista: “colui che crea dal noto il nuovo”, come direbbe brillantemente Umberto Eco (1932-2016).



Tant’è vero che Shields nel 2010 ha lanciato il suo primo Saggio che si intitola “Reality Hunger: A Manifesto” (“Fame di realtà: un Manifesto”), pubblicato negli U.S.A. da Knopf Editore, e poco dopo pubblicato anche in Italia dall’Editore Fazi (Collana Le Terre). Il titolo dice tutto e ci fa comprendere il senso di questa premessa: il lettore, la gente comune, gli intellettuali, i professionisti e gli imprenditori, la comunità dei lettori e di coloro che vogliono conoscere, sapere e imparare, il popolo oso dire, ha “Fame di Realtà”, ha Fame di Verità, ha Fame di sapere come stanno realmente le cose, volendo parafrasare il titolo del Saggio di Shields.

In breve, nel Saggio le caratteristiche sono i tentennamenti, i concetti incompiuti, le verità raccontate oggettivamente senza “orientare” il lettore, la “non-fiction” in una parola, che lasciano al lettore la riflessione, il dubbio, la speculazione intellettuale, la possibilità di attribuire un significato rispetto alla propria personale esperienza di vita relazionale, sociale, professionale e civica. Sono proprio la mancanza di rifiniture “esatte” e “insindacabili” che definiscono di fatto il Saggio come forma letteraria indubbiamente superiore al Romanzo.

Anch’io la penso in questo modo e non è un caso se al XXIX Festival del Libro di Torino 2016, tenuto dal 12 al 16 maggio 2016, il libro che ha venduto più copie in Italia, e che adesso è stato tradotto in 32 lingue e pubblicato in 50 Paesi, è un Saggio del noto fisico italiano Carlo Rovelli, che nell’ottobre del 2014 Adelphi Editore ha pubblicato solo in Italia, dal titolo “Sette brevi lezioni di fisica”.



Questo Saggio ha già venduto, solo in Italia, 350.000 copie: un record assoluto per un libro in Italia! Lettori che hanno dato torto marcio all’editore che in una intervista RAI di allora, confessò candidamente al suo intervistatore che la stima di vendita che fecero non superava le 10Mila copie!

Il libro di Rovelli è stato il più venduto nel 2015 su Amazon Italia e ancora oggi, è una presenza costante in testa a tutte le classifiche italiane dei libri più venduti.

 

Questa breve premessa mi serve per dire al lettore che è questa la “prospettiva critica” che ho utilizzato per scrivere la mia recensione sul “Saggio” di Faraone “Sottosopra”.

 

Recensione:

Il libro è molto interessante perché di fatto rappresenta una sorta di “denuncia” pubblica e sincera dei misfatti che la Sicilia ha subìto negli ultimi quindici anni, come scrive Faraone; ma io direi dal dopoguerra in poi, quando abbiamo sì avuto la libertà dal fascismo e dal nazismo, ma a carissimo prezzo: non siamo più padroni delle nostra isola perché l’abbiamo ceduta, senza colpo ferire, agli statunitensi che ci hanno sì liberato da una dittatura cinica e sanguinaria; ma, e non dobbiamo certo ripercorrere qui la storia della nostra isola, dalle quali vicende contorte e ancora oggi segretate, abbiamo avuto un lascito mortifero e mortificante per la nostra isola: primo tra tutti il cosi tanto decantato Statuto Autonomo della Regione Siciliana, padre probabilmente di tutti i mali della Sicilia.



I risultati sono quelli che Faraone nel sul Saggio elenca benissimo, con precisione ed oggettività. È vero, come scrive Faraone, che le cose sono peggiorate irrimediabilmente ed irreversibilmente dal momento in cui è stata introdotta la legge dell’elezione diretta del Presidente della Regione Siciliana – e non del Governatore come erroneamente si ostinano a scrivere moltissimi giornalisti. Una legge che nella realtà ha fatto fare alla Sicilia un salto indietro nel passato di circa 600 anni, portandola all’epoca del dominio borbonico, quando i Viceré di Sicilia rappresentavano i reggenti del governo del Regno di Sicilia facendo le veci del Re di Spagna: un periodo terribile, senza giustizia, senza leggi uguali per tutto il popolo, senza equità civile, dove chi comandava e decideva insindacabilmente ogni cosa per tutti era il solo Viceré, con i suoi più stretti e fidati collaboratori.

Questo modello di “dittatura” che durò per quasi 350 anni, dal 1412 al 1759, può essere ripercorso da un interessantissimo romanzo di Andrea Camilleri, “La rivoluzione della luna”, pubblicato nel 2013 dalla Sellerio Editore. Nel nostro caso, il racconto di Camilleri, potrebbe essere un’ottima metafora di com’è ridotta oggi la Sicilia dei Viceré-Governatori-Presidenti della Regione Siciliana.

Oggi in Sicilia, come scrive Faraone, con la legge che ha introdotto l’“Elezione diretta del Presidente della Regione Siciliana”, le cose sono notevolmente peggiorate, facendo fare un salto storico indietro al periodo borbonico dei Viceré di Sicilia. Guarda caso, su tre Presidenti eletti da quando è stata introdotta la legge, due hanno avuto serissimi problemi con la giustizia per presunte o accertate collusioni con la mafia siciliana.



Faraone parla di una classe di alti burocrati della Regione Siciliana che negli ultimi quindici anni si sono limitati “a galleggiare e a mantenere lo status quo” delle cose.

In questo Faraone, probabilmente, è stato molto generoso nei confronti dei burocrati – alti e bassi – siciliani.

Certamente il suo ruolo istituzionale non gli consente, probabilmente, di scrivere chiaramente che la classe dei burocrati della Regione Siciliana è cronologicamente la più anziana d’Europa, con un’età media che supera abbondantemente i sessant’anni, e che è irreversibilmente affetta da due dei “mali” più disastrosi e “conservatori dello status quo” che qualsiasi burocrate del XXI secolo può malauguratamente portare dentro di sé: l’“analfabetismo informatico e tecnologico” e l’“analfabetismo idiomatico”!

Il primo male è chiaramente quello relativo alla scarsissima capacità di usare il computer con tutte le sue applicazioni e programmi più moderni e innovativi, che si succedono con una rapidità incredibile;

Il secondo male riguarda la conoscenza di una sola lingua, l’italiano. In un mondo che sta sempre più diventando poliglotta, dove la perfetta conoscenza dell’inglese scritto e parlato è condizione essenziale per fare bene il proprio lavoro in ogni ambito professionale, non solo in quella burocratica, conoscere la sola lingua italiana è escludente a priori da qualsiasi relazione istituzionale professionale di respiro europeo e internazionale.

È chiaro che una “squadra” composta da “giocatori” che non hanno le conoscenze professionali per fare in modo che la nostra regione possa essere competitiva a livello europeo e a livello internazionale, è un grossissimo handicap di partenza, che nella realtà quotidiana è assolutamente incolmabile. Un esempio tra tutti? L’incapacità di spesa dei tantissimi miliardi di Euro della Comunità Europea destinati alla Sicilia: disimpegnati esclusivamente per l’incapacità di spesa, appunto, dell’alta classe burocratica della Regione Siciliana.



Faraone parla di un degrado diffuso in Sicilia, e ne fa un elenco veritiero e sconfortante, che il suo Saggio rappresenta con precisione e oggettività. Ma Faraone non si limita a scrivere questo, che è sotto gli occhi di tutti, ma scrive coraggiosamente che di questo degrado, di queste inefficienze e di queste occasioni perse per incapacità ed “analfabetismo” (come scrivevo prima), nessuno paga mai!

A dire il vero qualcuno che paga c’è, ma anche qui Faraone probabilmente ha voluto essere magnanimo. Chi paga davvero sono i cittadini siciliani, e pagano queste inefficienze burocratiche più che politiche, a carissimo prezzo. Inefficienze dovute alle incapacità di una classe dirigente che in qualsiasi altra regione del mondo occidentale verrebbe rimossa in un batter d’occhio: qui invece, come lo stesso Faraone scrive, questi “potenti” sono incollati alle loro poltrone, malgrado i risultati disastrosi del loro “lavoro” siano sotto gli occhi di tutti i cittadini siciliani.

Le idee di Faraone, per far ripartire la Sicilia, mettendola prima “sottosopra”, come scrive saggiamente, sono condivisibili al cento per cento. Nessuno potrebbe contestare nulla, neanche le modalità con cui propone soluzioni concrete ed efficaci. Da questo punto di vista il Saggio di Faraone è estremamente moderno, al passo coi tempi del XXI secolo, all’avanguardia internazionale per una regione, come la Sicilia, che vuole essere veramente protagonista della cultura, del commercio, del turismo, della ricerca, dell’agricoltura, dell’industria, delle nuove tecnologi, di idee innovative e realmente evolutive e di crescita economica e sociale di una regione come la Sicilia.

Penso, dopo averlo letto con molta attenzione, che il Saggio di Faraone sia assolutamente da leggere e, se è il caso, da rileggere perché estremamente veritiero e soddisfa chi “Ha Fame di Verità”.

Ma detto questo, mi avventuro, consapevole dei rischi intellettuali che corro, nello scrivere che non è la mafia il peggiore dei mali della Sicilia, ma la corruzione e la strettissima collusione tra potentati – tra i quali ovviamente anche la mafia – come coraggiosamente scrive Nino Di Matteo, nel suo bellissimo libro che ha visto la collaborazione di Salvo Palazzolo, dal titolo “Collusi”, dove scrive, appunto, che lui stesso, nella sua attività quotidiana di sostituto procuratore e di inquirente, più volte «è stato messo di fronte all’aspetto più subdolo ed insidioso del potere mafioso, e a quello meno nobile di una magistratura in cui a fianco degli onesti e dei coraggiosi convivono qualche colluso e tanti pavidi, più attenti ad evitare rischi e sovraesposizioni che a rendere veramente giustizia.»

A questo gravissimo “fenomeno”, descritto coraggiosamente da Nino Di Matteo nel suo libro, io aggiungo un’altra questione che in Sicilia rimane irrisolta da decadi e che non consentirà mai alle brillanti idee di Faraone di diventare realtà, di diventare Opere realizzate e visibili per il godimento dei cittadini siciliani.

Il problema irrisolvibile e più grave da affrontare è la classe burocratica siciliana alla quale, con la legge che cita Faraone, è stata affidata un potere immenso. Classe burocratica che non ha alcuna volontà, che non ha alcuna intenzione di cambiare nulla, di modificare lo “status quo” delle cose, come lo stesso Faraone sottolinea onestamente. Pertanto, la prima questione da affrontare per realizzare l’Opera bellissima descritta da Faraone nel suo interessante Saggio, è quella di fare in modo che la classe burocratica, di alti e bassi dirigenti siciliani, sia sostituita prima possibile da giovani trentenni – molti dei quali sono fuggiti all’estero usurpando alla Sicilia genialità e competenze – che hanno la cultura, la conoscenza, l’entusiasmo, la professionalità, l’esperienza per fare entrare in campo la Sicilia in una dimensione politica ed istituzionale realmente internazionale e non da piccoli provinciali di borgata quali siamo diventati oggi, adesso, noi siciliani e la nostra Regione Siciliana.



Ma mi rendo perfettamente conto che tutto ciò è irrealizzabile ed è mera finzione romanzesca!

Spero, invece, che non lo siano le idee che Faraone descrive nel suo bel Saggio, che mi permetto di consigliare a chi avrà letto queste poche righe.

 

 

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ANDREA GIOSTRA

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