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Girolamo Lo Verso, scrittore, saggista e psicoterapeuta palermitano, presenta a Palermo il suo ultimo libro, “Cose: un flash per un agile manualetto etico/esistenziale un po’ naif”

 

«Sono “cose” di vita, tristanzuole, disperate ed infelici, orride, buffe, di potenti ed amoralità. Sono “cose” belle, libri, varia umanità. Internazionali, speciali, private-esistenziali.»

 

Buon giorno Prof. Lo Verso, benvenuto e grazie per la tua disponibilità. Lei negli anni Novanta, insieme ad altri psicologi e psicoterapeuti, è stato uno dei fondatori del Corso di Laura in Psicologia dell’Università di Palermo, ma è sempre stato un grande lettore, saggista e scrittore. Come si vuole presentare ai nostri lettori che non dovessero conoscerla?

Mi presenterei nella complessità di una esistenza. Sono siciliano, profondamente, ma con madre bergamasca e una vita nord-sud. Ho fatto il subacqueo semi-professionista mentre facevo un lungo training gruppo analitico tra Roma, Milano e Londra. Mi sono occupato, da sempre, di psicoterapia e ho co-fondato la laurea in psicologia clinica dell’Università di Palermo (oggi gestita da bravissimi colleghi) di cui sono orgoglioso. Mi sono occupato di ricerca-intervento sulla psicologia mafiosa e sono uno sciasciano impegnato per l’etica, la democrazia, contro il razzismo. Ho tre figli.

 

Come è nata la sua passione per la lettura e l’arte della scrittura?

Sin da ragazzino. Divoravo libri di mare e altri.

Girolamo Lo Verso
Girolamo Lo Verso

Nella sua carriera di accademico, di saggista e di scrittore, ha pubblicato centinaia di libri. Se dovesse selezionarne tre e volesse da presentare ai nostri lettori in questa chiacchierata, di quali ci parlerebbe e perché?

Ho pubblicato tanti articoli e saggi e 44 volumi, soprattutto con gli editori Angeli e Cortina. Tre rappresentativi “Gruppoanalis soggettuale” con Marie Di Blasi che ho pubblicato con Cortina editore (2011) e che riassume larga parte della mia elaborazione teorico-clinica; “La Mafia dentro” (1998) che ho pubblicato con Angeli editore e “Mediterraneo dentro” (2017) con Qanat editore di Palermo. Mi conceda di aggiungerne un quarto, metodologico, che è appena uscito dal Mulino edizioni, “Fare gruppi: indicazioni per la clinica, la formazione, la ricerca”.

 

Venerdì 27 dicembre 2019 alle ore 18:00, a Palermo, presso la nota sede di Molti Volti a Ballarò, presenterà il suo nuovo libro. Ci vuole parlare di questa sua ultima opera? Come nasce, quali gli argomenti trattati e il messaggio che vuole arrivi al lettore di questo libro?

È un libretto. Si chiama “Cose: un flash per un agile manualetto etico/esistenziale un po’ naif”. Esce da Qanat edizioni. Sono “cose” di vita, tristanzuole, disperate ed infelici, orride, buffe, di potenti ed amoralità. Sono “cose” belle, libri, varia umanità. Internazionali, speciali, private-esistenziali. Alla presentazione lo accompagneremo con musica e letture. Spero sia un momento piacevole.

 

«Quando la lettura è per noi l’iniziatrice le cui magiche chiavi ci aprono al fondo di noi stessi quelle porte che noi non avremmo mai saputo aprire, allora la sua funzione nella nostra vita è salutare. Ma diventa pericolosa quando, invece di risvegliarci alla vita individuale dello spirito, la lettura tende a sostituirsi ad essa, così che la verità non ci appare più come un ideale che possiamo realizzare solo con il progresso interiore del nostro pensiero e con lo sforzo del nostro cuore, ma come qualcosa di materiale, raccolto infra le pagine dei libri come un miele già preparato dagli altri e che noi non dobbiamo fare altro che attingere e degustare poi passivamente, in un perfetto riposo del corpo e dello spirito.» (Marcel Proust, in “Sur la lecture”, pubblicato su “La Renaissance Latine”, 15 giugno 1905). Qual è la riflessione che le porta a fare questa frase di Marcel Proust sul mondo della lettura e sull’arte dello scrivere?

Che mi sono trovato a confrontare l’esperienza della lettura e quella dell’analisi. Due modi profondamente diversi ma entrambi assai utili di guardare a sé e al mondo e di far crescere questa capacità.

 

«Non mi preoccupo di cosa sia o meno una poesia, di cosa sia un romanzo. Li scrivo e basta… i casi sono due: o funzionano o non funzionano. Non sono preoccupato con: “Questa è una poesia, questo è un romanzo, questa è una scarpa, questo è un guanto”. Lo butto giù e questo è quanto. Io la penso così.» (Ben Pleasants, The Free Press Symposium: Conversations with Charles Bukowski, “Los Angeles Free Press”, October 31-November 6, 1975, pp. 14-16.) Lei è d’accordo con Bukowski? Cosa ne pensa?

La letteratura è anche studio, lavoro, metodo, cultura. Non so perché ma sono sempre stato attirato dalla prosa, poco dalla poesia. So che ho perso molto ma è andata così.

 

Secondo Lei perché un romanzo, un libro, una raccolta di poesie abbia successo è più importante la storia (quello che si narra) o come è scritta (il linguaggio utilizzato più o meno originale e accattivante per chi legge)?

Banalmente, direi entrambe. Nei testi che ho amato ho sempre fatto più riletture. Nella prima vengo preso dalla trama, dalla storia. Nelle successive mi gusto di più i dettagli, il linguaggio.

 

Quali sono secondo te le caratteristiche, le qualità, il talento, che deve possedere chi scrive per essere definito un vero scrittore? E perché proprio quelle qualità?

Penso che chi scriva debba avere una grossa cultura e tante letture alle spalle. Le cose naif saranno piacevoli ma sono consumistiche. Ci vuole una grossa formazione, preparazione. Molto metodo, capacità creative e linguistiche. Io ho scritto tanti libri sulla psicoterapia e la psicologia mafiosa. E qualcuno esistenziale, moralistico e sul mare. Tuttavia, non so scrivere. Sciascia diceva che aveva perso troppo tempo per imparare a scrivere per poter imparare a parlare in pubblico. Io ritengo, anche per allenamento, di sapere parlare, di sapere scrivere cose scientifiche. Ma non so scrivere letteratura che è molto, in primo luogo, linguaggio. Mia figlia, invece, vuole fare la scrittrice e sa scrivere.

Chi sono stati Suoi modelli, i Suoi autori preferiti, gli scrittori che ha amato leggere e che legge ancora oggi?

Troppi, ovviamente. Gli autori di mare, Proust, Musil, Joyce, Sciascia, Yourcenar, Omero, molta saggistica storica, mediterranea, molta letteratura professionale del mio campo, ecc.

 

Gli autori e i libri che secondo Lei andrebbero letti quali sono? Consigli ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere assolutamente.

Domanda quasi impossibile. Come amare, direi, la diade Odissea e Horcynus Orca di D’Arrigo, (con condimento di Stevenson, Conrad, Melville, Corto Maltese). Facciamoli passare per uno e citerei poi l’incredibile testimonianza umana che è “Se questo è un uomo” di Levi e poi “Il Maestro e Margherita” di Bulgakov. Siccome non resisto mi lasci fare un riferimento a tutta l’opera di Sciascia e Camilleri.

 

Nel gigantesco frontale del Teatro Massimo di Palermo c’è una grande scritta, voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Cosa ne pensa di questa frase? Davvero l’arte e la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea fondata sulla tecnologia e sulle comunicazioni social?

Certamente bello. I social democratizzano ma spesso sono nemici del “pensarci su”. Basti pensare quanto odio razziale, menzogne, manipolazioni sono state fatte passare attraverso di esso. L’arte, tuttavia, ha creato bellezza ma non è il suo mestiere “curare” il mondo dai suoi mali. Può solo dare un po’ di consolazione a qualcuno di noi. In questo sono un terapeuta rigido. Per curare, combattere l’odio sociale, abolire guerre ed inquinamento, omofobia, antifemminismo, ecc., ci vogliono strumenti duri e rigorosi. Cultura compresa ma certo non da sola.

 

Come vuole concludere questa chiacchierata? Come vuole lasciare i nostri lettori?

Con la speranza che ci rivedremo a Molti Volti, nei libri, altrove e mi piace dire che nella molteplicità che ho delineato ho avuto, come cantava Sergio Endrigo, molto “del bene e del male del mondo”. E quindi, sono stato fortunato anche se mi piacerebbe vivere in un mondo con meno cattiverie e ingiustizie.

 

INTERVISTA di Andrea Giostra

 

Girolamo Lo Verso
https://www.facebook.com/girolamo.loverso.9
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https://www.ibs.it/libri/autori/Girolamo%20Lo%20Verso

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Andrea Giostra
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