Iginia Bianchi, pittrice Effettista, ci racconta la sua arte | INTERVISTA
«L’artista vede, sente e percepisce ciò che l’uomo comune ignora (…) l’opera d’arte autentica non può essere classificata, spesso quelle facilmente leggibili sono molto più valide di quelle volutamente rese enigmatiche dall’artista che crede così di aver creato un’opera d’arte» (Iginia Bianchi)
Ciao Iginia, benvenuta e grazie per avere accettato il nostro invito. Come ti vuoi presentare ai nostri lettori? Chi è Iginia nell’arte e nella passione per le arti visive?
… chi è invece Iginia Donna nella sua quotidianità? Cosa ci racconti della tua vita al di là dell’arte e del lavoro?
Qual è il tuo percorso accademico, formativo e professionale che hai seguito quando hai iniziato a vestire i panni dell’artista di arti visive? Chi sono stati i tuoi Maestri d’Arte, se vogliamo chiamarli così, che ti hanno forgiato, che ti hanno trasmesso la passione per l’arte, le tecniche per essere una brava artista di arti visive, e che ti hanno accompagnato a fare i primi passi nel mondo dell’arte?
Come definiresti il tuo linguaggio? C’è qualche artista al quale t’ispiri?
Tu Iginia, hai aderito alla corrente pittorica dell’Effettismo, capitanata da Francesca Romana Fragale e ai tanti altri artisti, accademici e personalità di grande cultura. Perché hai abbracciato questa corrente, quali i criteri che ti hanno convinta e cosa rappresenta per te essere effettista?
Io e Francesca Romana Fragale ci siamo conosciute alle mostre dei Cento Pittori di via Margutta e subito tra noi si è creata empatia, poiché ci accumunavano alcune opinioni, siamo state sempre grandi assertrici dell’indipendenza dell’arte, condannando la mercificazione delle gallerie e dei critici, avevamo desiderio di un’arte pulita, leale, avulsa da qualsiasi condizionamento, così quando mi ha proposto di entrare nella corrente come effettista honoris causa, ho accettato senza titubanze.
Da ragazzo ho letto uno scritto di Oscar Wilde nel quale diceva cos’era l’arte secondo lui. Scrisse che l’arte è tale solo quando avviene l’incontro tra l’“oggetto” e la “persona”. Se non c’è quell’incontro, non esiste nemmeno l’arte. Poi qualche anno fa, in una mostra a Palermo alla Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Riso, ho ascoltato un’intervista di repertorio al grande Gino de Dominicis che sulle arti visive disse questo: «Le arti visive, la pittura, la scultura, l’architettura, sono linguaggi immobili, muti e materiali. Quindi il rapporto degli altri linguaggi con questo è difficile perché sono linguaggi molto diversi tra loro … L’arte visiva è vivente … l’oggetto d’arte visiva. Per cui paradossalmente non avrebbe bisogno neanche di essere visto. Mentre gli altri linguaggi devono essere visti, o sentiti, o ascoltati per esistere.» (Gino de Dominicis, intervista a Canale 5 del 1994-95). Cosa ne pensi in proposito? L’arte esiste se esiste l’incontro tra l’oggetto e la persona, come dice Oscar Wilde, oppure l’arte esiste indipendentemente dalla persona e dal suo incontro con l’oggetto, come dice de Dominicis per le arti visive? Qual è la tua prospettiva da questo punto di vista e sull’arte in generale?
Nel gigantesco frontale del Teatro Massimo di Palermo, la mia città, c’è una grande scritta, voluta dall’allora potente Ministro di Grazia e Giustizia Camillo Finocchiaro Aprile del Regno di Vittorio Emanuele II di Savoia, che recita così: «L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire». Tu cosa ne pensi di questa frase? Davvero l’arte e la bellezza servono a qualcosa in questa nostra società contemporanea tecnologica e social? E se sì, a cosa serve oggi l’arte e le arti visive in particolare?
Quando parliamo di bellezza, siamo così sicuri che quello che noi nati nel Novecento intendiamo per bellezza sia lo stesso, per esempio, per i ragazzi delle Generazione Z o per i Millennial, per gli adolescenti nati nel Ventunesimo secolo? E se questi canoni non sono uguali tra loro, quando parliamo di bellezza che salverà il mondo, a quale bellezza ci riferiamo?
«C’è un interesse in ciò che è nascosto e ciò che il visibile non ci mostra. Questo interesse può assumere le forme di un sentimento decisamente intenso, una sorta di conflitto, direi, tra visibile nascosto e visibile apparente.» (René Magritte, 1898-1967). Cosa ne pensi di questa frase detta da Magritte? Nelle arti visive qual è, secondo te, il messaggio più incisivo? Quello che è visibile e di immediata comprensione oppure quello che, pur non essendo visibile, per associazione mentale e per meccanismi psicologici proiettivi scatena nell’osservatore emozioni imprevedibili e intense?
Non si può fare una distinzione netta, Magritte dipinse i due amanti con il drappo per attirare l’attenzione dello spettatore rendendo l’immagine misteriosa, dimostrando che il visibile nascosto provoca emozioni imprevedibili, di fronte a questa immagine si resta attoniti, e ognuno la interpreta come vuole, sembrerebbe un’opera che desti riflessioni filosofiche sull’amore e sull’incomunicabilità. Secondo me non si possono definire opere valide quelle che contengono messaggi reconditi e condannare quelle di facile comprensione, l’opera d’arte autentica non può essere classificata, spesso quelle facilmente leggibili sono molto più valide di quelle volutamente rese enigmatiche dall’artista che crede così di aver creato un’opera d’arte. Questo concetto vale per tutte le espressioni artistiche come la poesia, Ungaretti con due semplici e chiare parole ha creato un verso immortale “M’illumino d’immenso”, così Quasimodo in una piccola strofa facilmente comprensibile ha racchiuso tutto il dramma della caducità della vita, dell’incomunicabilità e del tempo che vola: “Ognuno sta solo sul cuore della terra trafitto da un raggio di sole ed è subito sera”.
«…anche l’amore era fra le esperienze mistiche e pericolose, perché toglie l’uomo dalle braccia della ragione e lo lascia letteralmente sospeso a mezz’aria sopra un abisso senza fondo.» (Robert Musil, “L’uomo senza qualità”, Volume primo, p. 28, Einaudi ed., 1996, Torino). Cosa pensi di questa frase di Robert Musil? Cos’è l’amore per te e come secondo te è vissuto oggi l’amore nella nostra società contemporanea?
L’amore descritto da Musil è quello impetuoso, passionale, giovanile, arrivata alla fine della vita posso affermare che il vero amore è stima, sesso, amicizia, affinità spirituali, se dovesse venire meno uno di questi componenti l’amore è destinato a fallire. Purtroppo nella società contemporanea spesso l’amore è concepito come attrazione sessuale. Inoltre anche uno sguardo profondo ed intenso può ingannare poiché non sempre gli occhi riflettono i veri sentimenti dell’animo, come asserisco nel mio libro “Amare sì, attenti…però!” (1985), anche Giostra nel suo libro “Novelle brevi di Sicilia” ci descrive l’attrazione sentimentale nata dalla visione di due occhi bellissimi e profondi, che turbano l’onorevole, ma questo non è amore… «Anais Nin scrive L’amore non muore mai di morte naturale. Muore per abbandono, per cecità, per indifferenza, per averlo dato per scontato… Le omissioni sono più letali degli errori consumati»
«Io vivo in una specie di fornace di affetti, amori, desideri, invenzioni, creazioni, attività e sogni. Non posso descrivere la mia vita in base ai fatti perché l’estasi non risiede nei fatti, in quello che succede o in quello che faccio, ma in ciò che viene suscitato in me e in ciò che viene creato grazie a tutto questo… Quello che voglio dire è che vivo una realtà al tempo stesso fisica e metafisica…» (Anaïs Nin, “Fuoco” in “Diari d’amore” terzo volume, 1986). Cosa pensi di queste parole della grandissima scrittrice Anaïs Nin? E quando l’amore e i sentimenti così poderosi incidono nella tua arte e nelle tue opere?
Gli autori e i libri che secondo te andrebbero letti assolutamente quali sono? Consiglia ai nostri lettori almeno tre libri e tre autori da leggere nei prossimi mesi dicendoci il motivo della tua scelta.
Ti andrebbe di consigliare ai nostri lettori tre film da vedere assolutamente? E perché secondo te proprio questi?
Ci parli dei tuoi imminenti impegni artistici, dei tuoi lavori e delle tue opere in corso di realizzazione? A cosa stai lavorando in questo momento? In cosa sei impegnata?
Mi piace dipingere tele enormi, mi piace percepire la profondità e l’infinto e solo la tela grande ti dà l’idea dell’immensità, non penso a mostre particolari poiché non amo la mercificazione, ho rifiutato l’invito ad essere inserita nei cataloghi della Mondadori e della De Agostini, ricevo centinaia d’inviti ma non rispondo mai, ormai sono stanca e delusa, frequenterò solo gli effettisti e l’A.I.A.M..
Una domanda difficile Iginia: perché i nostri lettori dovrebbero comprare le tue opere? Prova a incuriosirli perché vadano nei portali online o vengano a trovarti nel tuo atelier per comprarne alcune.
Quando penso che Van Gogh durante la sua vita vendette una sola opera mi consolo. Non sono un’abile commerciante, vendo solo se l’acquirente apprezza veramente i miei dipinti.
Se per un momento dovessi pensare alle persone che ti hanno dato una mano, che ti hanno aiutato significativamente nella tua vita artistica e umana, soprattutto nei momenti di difficoltà e di insicurezza che avrai vissuto, che sono state determinanti per le tue scelte professionali e di vita portandoti a prendere quelle decisioni che ti hanno condotto dove sei oggi, a realizzare i tuoi sogni, a chi penseresti? Chi sono queste persone che ti senti di ringraziare pubblicamente in questa intervista, e perché proprio loro?
Prima di tutto i miei genitori che mi hanno dato l’opportunità di diventare docente, che è una professione che dà molte soddisfazioni soprattutto nei rapporti umani, poi tutta la mia famiglia dal marito ai nipoti, che hanno sempre apprezzato molto le mie opere, tutti gli amici, e tutti coloro che mi hanno valorizzata senza fini di lucro, che ringrazio con tutto il cuore, ho superato anche l’amarezza di non far parte dei cento pittori di via Margutta, poiché mio marito me lo proibì.
Dove potranno seguirti i nostri lettori?
In tutto il mondo esisto solo io come Iginia Bianchi, quindi basta scrivere questo nome su Google.
Per concludere, cosa vuoi dire alle persone che leggeranno questa chiacchierata?
Grazie per essere arrivati fino alla fine e vorrei che riflettessero su questo pensiero dell’artista argentino Maxs Felinfer, che io ho avuto il privilegio di conoscere: “L’Arte è solo un’espressione dell’uomo. Qualsiasi altra pretesa è solo vanità.”
“IGINIA BIANCHI ARTE E VERITÀ” | Cortometraggio scritto e diretto dal regista Stefano Gabriele