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LAVORO AL SUD ED ESODO DEI GIOVANI DALLA SICILIA

Immagine senivpetro / Freepik

Ho deciso di raccontare, saltuariamente, tutti i punti che mi hanno portata ad avvicinarmi alla politica.

Data la mia giovane età, una delle tante motivazioni di questo mio interesse è il problema che oggigiorno affligge me e i miei coetanei: il lavoro, e di conseguenza l’esodo dei giovani dalla Sicilia.
Argomento abbastanza complicato e difficile da affrontare.
Ci troviamo, però, sempre più davanti alla scelta, non volontaria, ma forzata di dover abbandonare la nostra Terra, una volta raggiunta la tanto sudata Laurea, magari ottenuta qui in Sicilia, personalmente presso l’Università degli Studi di Palermo, e affacciarci al mondo del lavoro, con possibilità e realtà che qui non riusciamo a trovare.
Ho visto, e vedo ogni giorno, amici, familiari e conoscenti trovare lavoro nelle città del Nord o “peggio” nei Paesi esteri e mi chiedo: “Qual è il problema? Abbiamo avuto la fortuna di essere nati in una bellissima Terra quale la Sicilia, a Marsala, la quinta città di quest’Isola, e perché dobbiamo essere costretti ad abbandonarla, ad abbandonare la nostra famiglia, i nostri parenti e i nostri ambienti?”

Così si legge in un articolo di giornale: “Dal 2002 ad oggi la Sicilia ha perso oltre 140 mila residenti, a causa di trasferimenti verso altre città nazionali, mentre i siciliani che hanno trasferito la residenza all’estero negli ultimi quattro anni, dal 2013 al 2016, sono stati quasi 38 mila. A lasciare la Sicilia sarebbero prevalentemente i giovani tra i 25 e i 35 anni.”
I ragazzi che decidono di rimanere a lavorare qui sono costretti all’apertura di Partite Iva (argomento che riprenderò in seguito), ad accontentarsi di lavori con un salario minimo e non sempre adeguati al loro percorso di studi e alle loro aspirazioni, con difficoltà nel poter successivamente mantenere e gestire una famiglia.
Altri sperano nella creazione di Start-up, ma anche qui si trovano a dover affrontare varie difficoltà.
Ricordo di un seminario che ho seguito qualche anno fa all’Università, in cui erano presenti dei ragazzi di una nuova start-up creata a Palermo, “Mosaicoon”, specializzata nella creazione di campagne video, che aveva portato lavoro a 100 dipendenti e con altre sedi a Singapore, New Delhi, Londra, Milano e Roma.
La società è stata insignita di premi internazionali, come il “Best European Scaleup”, tra le aziende europee con il più alto potenziale di crescita, e nel 2011 il Presidente della Repubblica Napolitano ha consegnato al fondatore della società, Parodi, il premio per l’innovazione.
Due anni fa però leggiamo la notizia che purtroppo, dopo 10 anni di lavoro, “Mosaicoon” non ce l’ha fatta, stroncata da colossi internazionali, come Facebook e Google, e lì ritornano di nuovo le preoccupazioni per noi giovani siciliani.

Allora come possiamo ovviare a ciò?
E se il problema fosse a monte?

Troviamo delle soluzioni: partiamo dal principio, da prima della fine della carriera universitaria, per chi la frequenta, e concentriamoci sui tirocini curriculari che si affrontano.
Sarebbe opportuno che i nostri Comuni di appartenenza incrementassero il rapporto con le Università, aiutando il contatto tra aziende e Università stessa, ampliando i tirocini disponibili nei vari Comuni.
Gli studenti, coadiuvando i dipendenti dell’azienda, mostrerebbero le loro capacità, così da far emergere il loro potenziale, che potrebbe rilevarsi proficuo per l’azienda, la quale potrebbe offrire in seguito una futura opportunità di lavoro allo studente.

Ciò garantirebbe un consistente guadagno sia per l’azienda che per lo studente.

di Miriam Di Girolamo

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