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Luce
Buio
Nero di seppia

Luigi Bisignani, Paolo Madron, “L’uomo che sussurrava ai potenti”, Ed. Chiarelettere, Milano, 2013.

 

 

Conoscere quello che accade dietro le quinte del potere vero, è sempre stata una morbosa ed irresistibile curiosità che ha sempre attratto chiunque fosse interessato a conoscerne le regole non scritte, ad apprenderne l’utilizzo dei sopraffini strumenti di governo reale, a capirne la complessa gestione delle dinamiche relazionali e lobbistiche, da sempre incomprensibili alla massa, al popolo.

Chi sono stati i veri potenti che si sono succeduti negli ultimi trent’anni in Italia secondo Bisignani? Quali le debolezze, le fragilità, le aspirazioni, le trame e i presunti intrighi che hanno caratterizzato e visto protagonisti i potenti italici?

L’editore, nelle sue note introduttive, definisce Bisignani “l’uomo più potente e influente d’Italia” che saggiamente è sempre rimasto “nell’ombra del potere”.

Licio Gelli, Mu’ammar Gheddafi, Giulio Andreotti, Goffredo Lombardo, Agostino Rocca, Sandra Carraro, Renato Angiolillo, Paolo VI, Maurizio Crozza, Roberto Jucci, Antonio Viesti, Guido Bellini, Maurizio Beretta, Claudio Lotito, Flavio Briatore, Gianpiero Pirolo, Aurelio Regina, Sergio Tiberti, Mimmo Alessio, Enrico Letta, Romano Prodi, Giuliano Amato, Massimo D’Alema, Marcello Dell’Utri, Francesco Cossiga, Silvio Berlusconi, Angelino Alfano, Michele Schifani, Fedele Confalonieri, Ettore Bernabei, Gianni Letta, Michail Gorbaciov, Bettino Craxi, Carlo e Marco De Benedetti, Diego Della Valle, Nerio Alessandri, Arnaldo Borghesi, Raul Gardini, Carlos Slim, sono solo alcuni dei potenti che Bisignani cita nel suo libro – il lettore ne troverà tantissimi altri – con i quali racconta di aver avuto rapporti di amicizia e cordialità, confidando al lettore quello che pensa di alcuni di loro e quello che hanno dimostrato di essere quali potenti e quali detentori di potere reale temporale: di Enrico Letta che “ha dimostrato poco carisma quando è stato al governo da ministro dell’Industria”; di Silvio Berlusconi che “ascoltava tutti, faceva finta di considerare fondamentali tutte le osservazioni, per poi fare di testa sua”; di Marcello Dell’Utri che “era l’unico che Berlusconi non contraddiceva mai. L’ultima parola era sempre di Marcello”; di Gianni Letta che “ha una straordinaria intesa con Berlusconi”; di Renato Schifani definito impietosamente “avvocato della provincia di Palermo”; di Angelino Alfano che, insieme a Schifani, ha tentato di costruirsi un futuro politico senza Berlusconi, che con Schifani “si montavano a vicenda, senza capire che, quando è ferito, Berlusconi dà il meglio di sé”, e poi, che una volta incoronato da Berlusconi contro il parere di tanti “ha pensato a costruire un monumento a sé stesso” passando “più tempo con i giornalisti, su Facebook e Twitter” piuttosto “che con i parlamentari e con la base del partito”.

Se in voi alberga da sempre questa morbosa e ruvida curiosità di conoscere il potere raccontato da un potente, il libro è certamente e senza dubbio da leggere. Non perché dica la verità – questo non lo sappiamo – ma perché Bisignani racconta le cose che vuole far conoscere a questo genere di lettori.

Leggendo il libro, viene spontanea almeno una domanda: ma perché Bisignani fino al 2013 era rimasto nell’ombra e poi decide di dirompere con questo racconto?

Non lo sapremo mai. Ma come in una spy story, potremo solo immaginarlo ingenuamente.

 

 

Post scriptum:

Il titolo del libro parafrasa quello del romanzo di Nicholas Evans, “L’uomo che sussurrava ai cavalli”, dal quale Robert Redford ha preso spunto per realizzare l’ottimo film che lo ha visto regista e protagonista. Ma perché proprio questo titolo?

Il film di Redford, vincitore del Premio Oscar del 1999, narra una storia drammatica nella quale due adolescenti, durante una gita in un bosco, scivolano con i propri cavalli e vengono investiti da un tir. Una delle due muore, l’altra, Grace, perde una delle due gambe e potrà muoversi solo con l’aiuto delle stampelle. Il suo cavallo, Pilgrim, che l’ha salvata, rimane gravemente ferito, ma non viene ucciso per senso di gratitudine e viene portato dalla mamma di Grace, Annie, da Tom, l’uomo che sussurra ai cavalli. Tom riesce a salvare il cavallo, ma al contempo fa innamorare Annie perdutamente tanto da farle meditare di lasciare il marito e la figlia. All’arrivo del marito presso la tenuta di Tom, Annie dovrà decidere se rimanere con Tom, vivendo una nuova ed avventurosa vita nel Far West, oppure tornare col marito e sua figlia a New York per riprendere la sua solita vita quotidiana confortevole e noiosa ma al contempo agiata e rassicurante che le garantisce la sua famiglia e la grande città.

C’è un meta-messaggio dietro il titolo parafrasato che richiama il romanzo ed il film? Oppure è un semplice ed ingenuo caso quello che appare come una spontanea ed ingenua sovrapposizione di senso?

Recensione di Andrea Giostra.

 

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